Decreto ingiuntivo per compensi professionali sulla base del parere di congruità del COA. Attesa nel mese di gennaio l’udienza dinanzi alle SS.UU.
E’ attesa per i primi mesi del 2021 l’udienza dinanzi alle Sezioni Unite per la discussione della questione sollevata dal COA di Roma con una nota che sottolineava l’indirizzo interpretativo consolidatosi presso il Tribunale di Roma secondo il quale, alcuni giudici, rigettano i ricorsi per decreto ingiuntivo presentati per la liquidazione dei compensi legali nonostante fossero suffragati dal parere di congruità emesso dal compente Consiglio dell’Ordine. Tale soluzione discenderebbe, ad avviso dei giudici, dall’assunto secondo cui l’art. 636 c.p.c. (per il quale la domanda azionata in via monitoria deve essere accompagnata dal parere di congruità dell’associazione professionale al quale il giudice deve poi attenersi) sarebbe una disposizione ancorata al sistema tariffario e dunque non più operante a seguito dell’abolizione del medesimo da parte della l. n. 27/2012.
Il COA di Roma ha presentato la citata nota con il sostegno del parere di due illustri Colleghi processualisti, il Prof. Romano Vaccarella e Antonio Briguglio.
La nota del COA, evidenziando come tale orientamento risulti isolato e non condivisibile, auspicava dunque un intervento della Procura Generale per la formulazione di un’istanza alla Corte di Cassazione che consenta di assicurare uniformità interpretativa sul tema.
Dopo accurata istruttoria la Procura Generale ha proposto ricorso alle Sezioni Unite ex art3 c.p.c. affinchè, in ossequio alla funzione nomofilattica della Suprema Corte, venga decisa tale questione.
La Procura Generale – a nostro avviso correttamente – ritiene che l’avvocato che non abbia ottenuto dal cliente il pagamento del compenso e non possa avvalersi di un preventivo accordo scritto, può agire con il procedimento monitorio di cui agli artt. 633 e 636 c.p.c. e richiedere dunque l’emanazione di un decreto ingiuntivo che sia basato sulla parcella corredata dal parere di congruità del COA.
Non ritiene infatti la Procura che la l. n. 27/2012 abbia inciso sugli strumenti processuali previsti dall’ordinamento per la tutela dell’avvocato, né che abbia comportato l’ablazione della possibilità di avvalersi del parere del COA al fine di chiedere un decreto ingiuntivo.
La Procura Generale con il ricorso (sottoscritto dalla Dott.ssa Annamaria Soldi) ha inviato al Primo Presidente della Corte di Cassazione la richiesta di enunciazione dei seguenti principi di diritto:
– «l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali per gli avvocati, disposta dal d.l. n. 1/2012, convertito dalla l. n. 27/2012, non ha determinato, in base al disposto del suo art. 9, l’abrogazione dell’art. 636 c.p.c.»;
– «la persistente vigenza dell’art. 636 c.p.c. consente all’avvocato di agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali con la richiesta di decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 633, comma 1, n. 2, c.p.c., sulla base della parcella e del parere di congruità rilasciato dal competente Consiglio dell’Ordire reso, a partire dall’abolizione del sistema tariffario disposto con la l. n. 27/2012, alla luce del sistema dei parametri per i compensi professionali di cui alla l. n. 247/2012 e ai relativi decreti ministeriali attuativi».
L’Avvocatura, non solo quella romana, attende con fiducia la pronuncia delle Sezioni Unite per poter ottenere il riconoscimento del giusto compenso e procedere quindi al recupero del credito professionale a fronte di ingiustificati e, molto spesso pretestuosi, inadempimenti.