Decreto Ristori. La sospensione delle procedure esecutive per l’abitazione principale
ESECUZIONI IMMOBILIARI: la sospensione delle procedure esecutive per l’abitazione principale, dei pignoramenti post 25 ottobre e la “discussa” istanza di riassunzione. Il virus manda in crisi le esecuzioni.
Sono state sospese per altri due mesi fino al prossimo 31 dicembre 2020 le procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore. Lo prevede l’art. 4 (Sospensione delle procedure esecutive immobiliari) del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020 c.d. “Decreto Ristori”. Resta quindi in vigore l’art. 54-ter, comma 1, del “Cura Italia”, che all’inizio del lockdown di primavera aveva previsto la sospensione delle procedure esecutive per le abitazioni principali, creando già non pochi problemi interpretativi.
Inoltre, la seconda parte dell’art. 4, al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica dispone che “è inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto”.
Una diposizione che i Colleghi e Professori Bruno Sassani, Buno Capponi, Andrea Panzarola e Marco Farina sulla rivista Judicium.it (http://www.judicium.it/decreto-ristori-la-giustizia-civile-lettura) non esitano a definire un vero e proprio “rompicapo” che “pone alcune serie questioni interpretative difficili da risolvere”.
Sulla “sciatteria e l’imprecisione della forma” dell’art. 4 con il quale si “finisce con il vietare il pignoramento della abitazione principale del debitore” e sui suoi forti problemi interpretativi rimandiamo all’ottimo contributo dei Colleghi processualisti, anche con riferimento al perimetro applicativo della disposizione sotto il profilo oggettivo-temporale. non essendo questa newsletter informativa la sede più opportuna per un approfondito esame della questione.
Estremamente critici anche i Magistrati dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Giovanni Fanticini, Salvatore Leuzzi, Raffaele Rossi e Salvatore Saija, in una approfondita analisi critica pubblicata nella Rivista In Executivis dal titolo molto eloquente: “Alla ricerca di un significato per la sospensione delle procedure esecutive nella prima casa”. Per la lettura del testo: (https://www.inexecutivis.it/approfondimenti/2020/novembre/alla-ricerca-di-un-significato-per-la-sospensione-delle-procedure-esecutive-nella-prima-casa/)
Con riferimento alla sospensione ex lege (prorogata al 31 dicembre 2020) è opportuno segnalare, quanto alle immediate conseguenze sui procedimenti pendenti, che la Sezione Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Roma, già dopo la pubblicazione del Decreto Cura Italia, ha emanato i c.d. Decreti Ponte (firmati dalla Presidente della Sezione Esecuzioni Immobiliari e dai Giudici della Sezione con disposizione del deposito da parte della Cancelleria nei fascicoli di tutte le procedure esecutive), pubblicati nel sito del Tribunale e qui di seguito scaricabili:
25/06/2020 – Decreto ponte per le procedure delegate telematiche Scarica il file in formato PDF – 1188 Kb |
25/06/2020 – Decreto ponte per le procedure delegate analogiche Scarica il file in formato PDF – 1236 Kb |
25/06/2020 – Decreto ponte per le procedure non in vendita Scarica il file in formato PDF – 114 Kb |
Cosa fare dunque a seguito delle indicazioni date dai Giudice dell’Esecuzione nei citati Decreti Ponte dove si legge che “tenuto conto della possibile operatività della sospensione ex lege di cui all’art. 54 ter” i giudici “DISPONGONO che il creditore munito di titolo più diligente depositerà ricorso in riassunzione”?
Riportiamo, da un lato, l’opinione della Dott.ssa Anna Maria Soldi (Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte) secondo la quale “la tesi preferibile pare quella secondo cui trova applicazione nel caso di specie l’art. 627 c.p.c. che costituisce disposizione non derogabile”. “Conforta tale tesi – prosegue la Dott.ssa Soldi – “il fatto che, come in precedenza esposto, la causa di sospensione potrebbe venir meno anticipatamente o al contrario che il creditore, anche in considerazione della possibilità di una normativa speciale che sterilizzi le esposizioni debitorie, non abbia più interesse alla prosecuzione della procedura cosicché un provvedimento che programmi automaticamente la ripresa del processo potrebbe rivelarsi erroneo e realizzare effetti distorsivi anche per il ceto creditorio”.
Dall’altro, in linea con l’ampio dibattito avviatosi all’interno dell’avvocatura e dell’accademia già subito l’entrata in vigore dell’art. 54-ter, del tutto condivisibile è l’opinione dei Colleghi Sassani, Capponi, Panzarola e Farina alla cui scheda di lettura pubblicata (sempre su Judicium.it) rimandiamo il lettore (http://www.judicium.it/la-sospensione-della-espropriazione-immobiliare-ai-tempi-del-coronavirus/) e quella dei Magistrati dell’Ufficio del Massimario nell’articolo già citato.
Al di là della condivisione o meno della necessità di una vera e propria istanza in riassunzione conseguente alla sospensione ex lege, chi non vorrà rischiare – rispolverando il mai tramontato “tuziorismo difensivo” – si troverà prudenzialmente costretto a presentare in tutte le procedure esecutive (comprese quelle dubbie) l’istanza in riassunzione da scadenzare nel termine di sei mesi dal 31.12.2020 (salvo ulteriori proroghe della sospensione).
Alla data del 30 giugno 2021 dovremo quindi essere certi di aver scongiurato questa inaspettata “buccia di banana” avendo regolarmente depositato l’istanza di riassunzione, salvo voler concorrere a far giurisprudenza a seguito della solerte eccezione sollevata dal difensore del debitore.
Pignoramenti immobiliari: il virus manda in crisi le esecuzioni.
La pandemia ha inoltre bruscamente fermato le esecuzioni immobiliari: nel primo semestre 2020, infatti, le esecuzioni immobiliari risultano calate in media del 40% rispetto al 2019, secondo le rilevazioni del Centro Studi AstaSy Analytics di NPLs RE_Solutions.
La chiusura dei tribunali causa Covid-19 e la difficoltosa ripartenza dopo la prima ondata, unita alla attuale recrudescenza del virus, hanno colpito anche il settore delle aste immobiliari, con un danno economico che l’Osservatorio T6 ha stimato attorno al miliardo di euro solo per il primo mese di lockdown.
Al blocco dell’offerta dovuto alla chiusura dei tribunali, peraltro, si è aggiunto un distacco di interesse da parte della domanda, con il risultato che è venuto a mancare il riequilibrio di domanda e offerta. I vari Dpcm, approvati e convertiti in legge dall’esplosione della pandemia, hanno cercato di puntellare il sistema economico nazionale, che si è trovato ad affrontare una situazione difficile e inedita, ma con scarsi strumenti di politica economica veramente efficaci.
Se nella prima parte del 2020 le esecuzioni sono calate in media del 40% annuo, in molti casi, si è andati ben oltre. Secondo quanto rilevato, a Roma e Milano il calo è stato intorno al 47% mentre a Napoli si è andati fino al 51%. Peggio ancora nelle realtà stremate dal Covid, come Piacenza (-76,6%) e Lodi (-60,4%). Numeri che si spiegano in parte con l’emergenza sanitaria, in parte con le norme del DL Cura Italia, che hanno bloccato i pignoramenti fino al 31 ottobre per quanto riguarda le abitazioni principali.
Il Centro Studi AstaSy Analytics ha inoltre calcolato che i tempi medi della giustizia si sono allungati in media di 270 giorni attestandosi quindi a 1.808 giorni, pari a circa 5 anni, contro i 4 anni e 3 mesi delle statistiche medie rilevate precedentemente dall’Osservatorio T6 (gruppo di lavoro che raccoglie alcune singole e riconosciute professionalità nel settore delle procedure esecutive immobiliari). Ciò significa appunto che gli incassi dalla giustizia saranno posticipati di almeno 270 giorni.
È fortemente scemato l’interesse a partecipare alle aste giudiziarie.
Nello scorso mese di settembre, le aste sono state 13.032, cioè quasi la metà rispetto alle 25.111 dello stesso mese dello scorso anno (-48%). Da luglio a settembre 2020 le aste sono state 19.162, un dato che risulta più che dimezzato se lo si confronta con quello dello stesso trimestre del 2019 che indicava 54.212 aste battute (-65%). Il valore complessivo degli immobili posti in asta tra luglio e settembre è stato di 2,7 miliardi nel 2020 contro i 7,2 miliardi segnati nello stesso arco temporale del 2019.
Si tratta di un calo che si attesta quindi al 62%, meno della metà rispetto lo scorso anno. Un altro aspetto da considerare è legato invece alle effettive volontà di partecipare a un’asta in piena crisi finanziaria. Lo sconto medio tra valore della CTU e il valore di aggiudicazione del bene si abbasserà di un ulteriore 25%, passando dall’attuale medio 54% al prospettico 68%, riducendo ulteriormente i flussi di recupero.
Cosa si può fare per uscire da questa impasse?
Occorre che la giustizia riparta quanto prima riaprendo i Tribunali ed intensificando le udienze. Andranno anche individuate azioni a tutela del credito diverse dalla attività giudiziale. Innanzitutto, il 32% delle esecuzioni immobiliari ha la possibilità di trovare un accordo stragiudiziale tra banca e debitore. In alcuni casi l’accordo potrà essere trovato anche proponendo il bene in vendita su iniziativa del proprietario, utilizzando una seria valutazione del bene da parte di uno stimatore ed il qualificato apporto dell’avvocato.
Roma, 13 novembre 2020
Avv. Paolo Voltaggio
Consigliere Coordinatore della Commissione Esecuzioni Immobiliari del COA